Che poi si potrebbe chiamare anche L’amore ai tempi della canadesina.
Da questa parte dello schermo ci sentiamo fortunati. Nonostante le scuole le abbiamo concluse da un pezzo, siamo riusciti a rimanere negli anni in contatto con il mondo fatato di banchi verdi e mattonelle anni ’60, quelle brutte per davvero che trovi in dotazione in ogni casa di Is Mirrionis affittata a studenti fuori sede. Così è ancora forte il nostro legame con le mode e le passioni del momento e, consentiteci di dirvelo, il nostro è uno studio più sincero e ragionato di quello che ci propongono statistici e sociologi accademici, che vivono fuori dal mondo e studiano i giovani come si fa con gli scimpanzé.
C’era un tempo, in cui il mondo gaggio e il mondo cremino non comunicavano mai e neppure si guardavano negli occhi. Vivevano in spazi diversi della città, vestivano orgogliosamente in maniera differente, apprezzavano aspetti contrapposti della vita sentimentale (ricordate tutti l’episodio della Regina d San Michele e di Simmo, no?). È un processo ciclico, i due mondi si allontanano, si avvicinano e poi si allontanano ancora. Se cercate leggi del divenire storico non andate oltre questa. Nei tardi anni ’90, i gaggi stavano ai cremini come i Capuleti ai Montecchi; poi negli anni 2000 tutta la città si ingaggì sotto il fardello della Puta Madre e delle visierine per poi allontanarsi ancora quando il decennio volgeva al termine e i gaggi su Facebook si chiamavano Kekkosklero, Fa Bietto, Jessichina Blabla. Che capirete che seppure anche la ragazzina fighetta dei Salesiani si faceva le foto modificate con stelline e compagnia c’è una bella differenza.
A scuola questi aspetti divergenti sono sempre stati chiari e distinti. Chi ha frequentato il Pacinotti negli anni 2000 sa bene che una maglietta Cor72 o un paio di Air Max e un crestone non facevano certo il gaggio. Chi l’ha frequentato con noi ricorda sicuramente l’autogestione in cui un ragazzino di prima aveva il cappellino poggiato sulla testa e l’isolotto e un ragazzo di quinta commentò: «Io ve l’ho detto che ora ci riempiremo di burdi».
Eppure se entrate oggi in una qualsiasi scuola senza un buon bagaglio culturale sul groppone, rischiate di uscirne disorientati. Gaggi e cremini, Dettori e Meucci, accomunati dalle stese canadesi maschili. Si infrangono i tabù: destinata un tempo, in alcune varianti, ai gaggi e, in altre varianti, ai jolloni, la canadese è l’indumento d’ordinanza anche del vostro cremino-tipo nel suo giorno-di-scuola-tipo. I ragazzi gaggi mettono nome e cognome nel profilo Facebook, si fanno le foto con lo sguardo troppo serio di chi ci crede un sacco e scrivono sotto le loro poetiche didascalie: Siamo solo carne in scatola per Satana. Proprio come i loro rispettivi cremini. La stessa doppia base, le stesse scarpe, perfino lo stesso modo di parlare colmo di nenno e affini.
Nel mondo femminile, invece, là dove regnavano soltanto le Air Max, anche le ragazze più gagge, che ancora portano gli occhiali a mascherina, come le loro coetanee cremine portano leggins in tinta unita e Hogan fiammanti. E tutte loro mettono in mostra il loro corpo su Instagram con didascalie che, per quanto ti sforzi, difficilmente riesci a ricondurre al contenuto della foto, e l’immancabile hashtag #love.