Per non farla lunga, Pirri è un borghetto di quelli che non dici neanche dov’è posizionato in chilometri e distanza ma dici semplicemente che sta là, da qualche parte ché tutti poi sanno dov’è e fanno conto di non andarci.
Insomma Pirri è un paese con la sua piazza che è in mezzo al traffico, con la metropolitana che la taglia a metà senza neanche una sbarra a fermare l’incauto automobilista e che è in mezzo a tanti altri posti così che nessuno sa di preciso dove cominci e dove finisca.
Adesso c’è da dirne anche un’altra: voi prendete una di quelle stramaledette carte topografiche che in tempo di pace servono semplicemente a far sbagliare strada quando si viaggia in macchina, mentre in guerra servono magnificamente a quegli sporcaccioni che buttano giù roba dal cielo e spediscono da terra pillole di cannone grosse come una casa. Prendete una di queste carte topografiche e Pirri sta sotto forma di scritta in mezzo a scritte più grandi, un po’ nascosta.
È successo che chi ha creato Pirri, Dio o chi per lui, l’ha voluta nascondere perché se ne vergognava. E succede quindi che a Pirri quello che succede non è mai bello, che non è città e non è paese, che la gente ha tutto un modo suo di fare e di parlare che ti fa rabbia da quanto è brutto. Le strade sono quelle del paese ma che aspirano a qualcosa in più. perché a Pirri capita anche che le strade abbiano aspirazioni e la gente parcheggia comunque in doppia fila ignorando che lo spazio proprio manca. Quando uno si dice grezzo da queste parti a Pirri è più grezzo che da altre parti. E succede che i negozi hanno la porta che da proprio sulla strada, che il mercato è quello che è, che tutti vivono cercando di essere ciò che non sono.
E poi succede Marco Carta, ecco cosa succede a Pirri.