Come per tanti ragazzi della sua generazione, la droga per Luca era stata tante cose. Una cura alla noia accumulata dal prematuro abbandono della seconda media, una cosa portata nel quartiere e da provare, una ragazza dal nome inglese, il cognome sardo e un trucco esagerato che spingeva ad andare oltre, una serata al K2 da non buttare via.
Come per tanti ragazzi del suo quartiere, la droga fu l’inganno di un momento. Il modo più veloce per finire in galera, colpa dei poliziotti garoggnasa che combattono l’imprenditoria del vicoletto; l’alternativa ad essere beccati uno o due anni dopo per qualche furtarello o una truffa che ti fa finire dentro perché riconoscono il tatuaggio di Padre Pio che hai sul polpaccio. Il modo più veloce per morire negli anni ’90, uno stillicidio di giovani dei quartieri popolari, ricordati con delle scritte sui muri dove ora compare Batman ti amo.
A Luca la droga mangiò prima il futuro, poi la parola, un balbettato ta-ta-ta che divenne un soprannome. «Mamma guarda, c’è Luca Ta». «Sì sì, però non avvicinarti». Poi Luca un giorno sparì. «Mamma sai che Luca Ta è un Germania a curarsi?». Luca scomparve e in tanti raccontavano della Germania e della cura contro l’AIDS. Altri raccontano di un incidente in mare, ma questa è un’altra storia.